Il lavoro subordinato

Se il tuo impiego è di tipo subordinato hai a disposizione un'ampia gamma di prodotti di finanziamento, praticamente tutti quelli che esistono attualmente sul mercato del credito.

Il fattore che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato e determina il parametro normativo consiste nell'obbligo del lavoratore di assoggettarsi al potere direttivo del datore di lavoro, con, quindi, la limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale, mentre gli altri elementi, quali la mancanza di rischio, Ia continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e Ia forma della retribuzione sono da considerare come sussidiari e non decisivi.

L'assoggettamento è un obbligo e un diritto che fa parte integrante del rapporto di lavoro subordinato, ed è quindi necessario che, oltre ad essere assoggettato al potere del datore, ciò avvenga in adempimento di un obbligo contrattuale.

Caratteristiche del lavoro subordinato

L' art. 2094 c.c. attesta che "è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore".

Il primo e più importante elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro è la subordinazione della prestazione, e le energie lavorative sono utilizzate sotto la direzione dell'imprenditore, il quale le adopera costantemente, quindi sia attualmente che nel futuro, secondo le proprie esigenze.

La giurisprudenza ritiene che il fattore che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato risieda nell'assoggettarsi al potere direttivo del datore di lavoro, con, quindi, dei limiti posti alla sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale. Non si possono pertanto configurare, come elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato, le prestazioni necessarie per il raggiungimento dei fini aziendali nel caso in cui siano organizzate in modo tale da non richiedere l'applicazione da parte del datore di un potere gerarchico realizzatesi in ordini e direttive nell'esercizio del potere disciplinare.

E' anche bene precisare che questo vincolo può esplicitarsi in forme differenti in considerazione delle diverse figure professionali cui è rivolto; e quindi, non può essere una completa e assoluta sottomissione al datore di lavoro, ma può tradursi come assoggettamento contenuto, e che quindi può contemplare un certo grado di autonomia e discrezionalità nello svolgimento e concretizzazione delle mansioni affidate al lavoratore. La subordinazione è proporzionale al grado di complessità delle singole prestazioni concrete, e legata al livello di professionalità del lavoratore incaricato ad eseguirle.

La "Riforma Biagi" (Legge 14 febbraio 2003 n. 30 e, in attuazione di questa ultima, il D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276) ha apportato delle specifiche e innovative modifiche alla disciplina del mercato del lavoro e dell'incontro tra domanda e offerta, all' organizzazione del lavoro e al sistema della tutele e dei diritti, configurando nuove tipologie di contratti non più da considerarsi “atipiche” rispetto al tradizionale contratto di lavoro subordinato di cui all'art. 2049 c.c., bensì come nuovi tipologie di contratti che gli imprenditori potranno utilizzare in base alle esigenze produttive e /o organizzative della propria azienda.

La motivazione che ha spinto il legislatore all'introduzione di tali nuovi modelli di contratto risiede, da un lato, nel rispondere alle esigenze di maggiore richiesta di flessibilità da parte delle imprese, e dall' altro nell'offrire a chi si affaccia al mercato del lavoro o ha la necessità di reintrodurvisi una più ampia possibilità di opportunità.

La riforma ha comunque generato un'ampia serie di perplessità, generando in alcuni casi una netta presa di posizione contraria, da parte di chi ha intravisto il rischio che si realizzi una effettiva e sostanziale precarizzazione del lavoro.

Stiamo assistendo ad una profonda variazione del mercato del lavoro che, nel prossimo futuro, non sarà più legato ad una flessibilità temporanea, caratteristica principale di ingresso nel mondo del lavoro sino ad oggi, ma, bensì, ad una flessibilità permanente e dinamica.

E' bene sottolineare che assistiamo ad un protrarsi dell'attuazione della riforma in quanto vi sono numerosi ritardi nella contrattazione collettiva e per le varie possibilità di deroga, cosi come disposto dalla legge medesima, offerte agli accordi tra le associazioni di categoria.

Il sistema che si va delineando obbliga anche ad un sostanziale cambiamento nella classificazione dei tipi di rapporti di lavoro, in quanto prevede, non solo più la classica distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e lavoro subordinato, ma una serie di diverse categorie di lavori subordinati, nate con l'introduzione dei rinnovati contratti flessibili.

Alla luce dei cambiamenti in corso è, quindi, necessario che la subordinazione abbia come principale caratteristica l'assoggettamento al datore di lavoro e l'assenza di una organizzazione d'impresa in capo al lavoratore (Cass. 20 giugno 2003, n. 9900).Aggiungiamo che, in base a quanto citato in questa sentenza, è necessaria anche la presenza di una retribuzione fissa  a cadenze costanti e prefissate (come anche previsto dall'art. 2094 c.c.).

Assistiamo spesso, per fini di elusione fiscale e contributiva,  all'uso di qualificare rapporti di lavoro subordinato in autonomo.
Nell'effettiva determinazione del tipo di lavoro in essere è opportuno, secondo quanto stabilito dall'art. 1362 c.c in materia di interpretazione dei contratti e dalle sentenze della Cassazione n. 3603 del 7 aprile 1998 e n. 16805 del 27 novembre 2002,  dare rilevanza agli elementi sostanziali del rapporto che a quelli formali.

Tale prevalenza e stata ribadita dalle sentenze della Cassazione 22 agosto 1997, n. 7885 e 27 novembre 2002 n. 16805, secondo le quali spetta al giudice di merito verificare quale sia l'effettivo rapporto lavorativo, autonomo o subordinato, sulla base non dell'aspetto formale del contratto stipulato tra le parti ma bensì su quello sostanziale.

Tutto ciò sia nel caso in cui le parti di comune accordo abbiano voluto eludere la disciplina per motivi di natura fiscale, sia nel caso in cui, durante il rapporto di lavoro, vi sia una effettiva modifica sostanziale al rapporto tale che divenga necessario una modifica del medesimo da autonomo a subordinato.

Per concludere, la Suprema Corte, con sentenza 20 giugno 1998 n. 6165, ha stabilito che può coesistere la qualità di amministratore di una società di capitali con la qualifica di lavoratore subordinato purché sia sempre presente e concretamente l'assoggettamento dell'amministratore all'effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare. E' da escludere da questa possibilità il caso in cui il lavoratore subordinato sia anche l'amministratore unico.

Nel caso in cui il lavoratore subordinato sia anche socio amministratore di una società di capitali composta da due o più soci amministratori è possibile la coesistenza delle due qualifiche a patto che sia sempre presente l'assoggettamento del “lavoratore amministratore e subordinato” alle direttive e al controllo dell'organo collegiale composto dagli stessi soci (Suprema Corte, sentenza n. 7465 del 21 maggio 2002),